Quando la carezza di un cane dona speranza
La storia dell’uomo di 54 anni, detenuto nella casa circondariale di Lecce senza ricevere la visita di nessuno, ha colpito anche la direttrice della struttura: come raccontato da Repubblica, gli ha permesso di ricevere la visita del suo unico vero amico Zair, il cane con cui l’uomo, da libero, ha condiviso tutto.
Chissà che gioia per entrambi nell’essersi potuti riabbracciare.
Per l’uomo, che ha dimenticato per qualche minuto la sua condizione di solitudine e anche per il suo cane.
La presenza di un animale in un ambiente di sofferenza e solitudine emotiva è importante. Per questo in molte regioni è normativizzata la pet visiting negli ospedali, a dimostrazione di quanto questo rapporto sia vitale per la salute mentale ed emotiva. È il riconoscimento dell’importanza dell’attaccamento tra uomo e animale e, laddove riesce ad essere applicata, è un grande successo sociale e culturale, con le dovute precauzioni a livello igienico, comportamentale, relazionale e anche di impatto emotivo sull’animale.
Anche nel caso in questo, scattano tutti gli effetti positivi della relazione con l’animale: lo sviluppo dell’ossitocina (l’ormone dell’attaccamento), l’abbassamento del cortisolo, la diminuzione degli elementi stressogeni. Tutti elementi che creano speranza e fiducia.
La mia esperienza diretta in carcere e in progetti di giustizia riparativa va in questa direzione anche attraverso interventi assistiti con gli animali veri e propri (pet therapy che ormai abbiamo spiegato più volte essere cosa ben diversa dalla pet visiting).
Talvolta la relazione con l’animale fa la differenza in un percorso di riabilitazione psicosociale. È la molla che può accendere l’interruttore emotivo, riattivare l’istinto alla cura, sostenere la voglia di ripartire e farcela per sé e per l’altro, anche se quest’altro è un amico a quattro zampe.
Abbiamo bisogno nel sociale (che spesso diventa patologia sociale) di progetti di umanizzazione.
Questo è un ottimo esempio!